Arturo Martini e il monumento per il Palazzo di Giustizia a Milano
Un percorso attorno all’opera “Giustizia Corporativa” da mercoledì 7 marzo a domenica 6 maggio: ecco l’arte di Arturo Martini a Milano
Per celebrare uno dei massimi scultori italiani del Novecento e in memoria di Claudia Gian Ferrari, tra le più attive fautrici della riscoperta di questo grande artista, il FAI – Fondo Ambiente Italiano presenta la mostra Arturo Martini e il monumento per il Palazzo di Giustizia a Milano, che si terrà a Villa Necchi Campiglio da mercoledì 7 marzo a domenica 6 maggio 2018. Un percorso inedito, ideato da Amedeo Porro, Paolo Baldacci e Nico Stringa, che ruota attorno all’opera più rappresentativa e grandiosa dell’artista conservata a Milano: il monumentale altorilievo della Giustizia Corporativa, eseguito nel 1937 per l’atrio al primo piano del Palazzo di Giustizia, progettato da Marcello Piacentini.
Un modo per riannodare le fila del complesso e ambivalente rapporto di Martini con Milano, la città in cui visse dal 1919 alla fine del 1920 e quindi dal 1933 al 1942 producendovi molte delle sue opere maggiori.
La Giustizia Corporativa è un racconto sulla vita e le attività dell’uomo, che appaiono tutte sottoposte al giudizio della Legge, a cui richiama la Giustizia, qui seduta sull’albero del Bene e del Male, con il volto sereno e quasi impassibile, ma nello stesso tempo sollecito e attento, e in mano gli attributi tradizionali, la bilancia e la spada. Intorno alla Giustizia, un’enciclopedia di miti, figure e immagini che vanno a comporre un coro polifonico: le Ambizioni (Amore, Arte e Bellezza), affiancate dalla Vanità; gli Eroi, a cui si contrappone la Viltà; la Famiglia, la Dottrina (incarnata dagli Intellettuali) e le Opere assistenziali.
Martini modellava in creta e non scolpiva direttamente la pietra, lavoro che poi commissionava a figure “intermediarie” da lui dirette. Per la realizzazione della Giustizia Corporativa nel 1937 fu necessaria una grandiosa opera di montaggio: un basamento a gradoni di legno sul quale venivano appoggiati e fissati i calchi in gesso delle colossali crete ad altezza umana uscite dalle mani dell’artista; ogni gruppo, grazie a strutture e sostegni lignei retrostanti, veniva incastrato al suo posto e il tutto unificato da passaggi di gesso liquido su piedistalli e gradini, e infine chiuso da una cornice di legno gessato, come in una scatola. Una volta realizzati, i blocchi in gesso furono inviati a Carrara dove i marmisti, sotto il controllo e la direzione dell’artista, tradussero l’intera opera in marmo, creando blocchi e incastri di pietra che potessero quindi essere montati a Milano nell’atrio dell’edificio, cosa che avvenne nel 1940.
A Villa Necchi Campiglio saranno esposti, per la prima volta riuniti, il bozzetto originale in gesso, due grandi altorilievi in gesso a grandezza naturale serviti come modelli per il gruppo degli “Intellettuali” e della “Famiglia”, il grande marmo di “Dedalo e Icaro” e un bozzetto in bronzo del gruppo della “Famiglia”.
Insieme a questi pezzi sarà possibile seguire, attraverso la riproduzione di tutti gli ingrandimenti, l’interpretazione fotografica che Martini stesso volle dare della sua opera dirigendo personalmente l’illuminazione e gli scatti per il libro a essa dedicato con la prefazione di Riccardo Bacchelli (edizioni
del Milione, 1937). Collaterale alla mostra, verrà proposto un itinerario martiniano attraverso la città, per conoscere e approfondire le importanti opere del maestro che arricchiscono Milano: all’Arengario, al Museo del Novecento, all’Ospedale Maggiore ecc.
Nel 2008 Claudia Gian Ferrari (1946-2010), gallerista collezionista e studiosa, ha lasciato la sua collezione di capolavori del Novecento al FAI che li ha collocati a Villa Necchi Campiglio, in una raffinata cornice esteticamente a essi contemporanea. Su quarantacinque pezzi, donati prima della sua morte, quattro sono di Martini, tra i quali l’importante capolavoro del periodo di “Valori Plastici” intitolato L’amante morta, 1921, mentre il Dormiente, copia dell’originale tuttora conservato a Roma, è arrivato a Villa Necchi in seguito alla sua scomparsa. Nell’attività di Claudia e del padre Ettore Gian Ferrari, la promozione e la difesa dell’opera di Arturo Martini hanno avuto un posto rilevante. Dalla battaglia contro il gruppo dei falsi cosiddetti “di Anticoli Corrado”, con i quali si cercò di invadere il mercato negli anni ’70 e ’80, fino alla promozione di mostre e restauri e alla scoperta e riproposizione dell’importante gruppo di gessi originali delle maggiori sculture di “Valori Plastici” della collezione Becchini, scomparsi per decenni in un deposito alle falde del Monte Amiata e ritenuti dispersi, la vita professionale di Claudia è stata scandita, come quella di un appassionato detective, dalla costante ricerca di opere che potessero sempre meglio illustrare l’attività e le conquiste di questo grande genio della scultura europea del Novecento.
Nel novembre del 2016 Grazia e Paola Gian Ferrari hanno donato al FAI l’archivio di Arturo Martini, frutto di più di mezzo secolo di lavoro di Claudia. La documentazione non comprende atti quali la corrispondenza o le pratiche personali dell’artista, ma registra pressoché sistematicamente proprio la lunga attività della galleria Gian Ferrari relativamente all’opera dello scultore, alla sua conoscenza e alla sua divulgazione. Nella nuova collocazione a Villa Necchi Campiglio, in una sala del seminterrato climatizzata e attrezzata per la consultazione, il fondo è ora accessibile al pubblico su richiesta. Ad oggi, la Fondazione ha svolto un lavoro di ricognizione e revisione del materiale, in previsione di una completa catalogazione archivistica, da realizzarsi in collaborazione con l’Università.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Sillabe, con testi di Paolo Baldacci e Nico Stringa; completeranno il volume alcuni testi dedicati al rapporto di Claudia Gian Ferrari con Arturo Martini e Villa Necchi e un focus sull’Archivio Martini.